Ogni anno il Salento è la meta di villeggiatura preferita da migliaia di turisti desiderosi di trascorrere rilassanti giornate al sole, magari intervallate da istruttive visite ai luoghi di interesse culturale di cui questa regione è disseminata. Ma questa suggestiva zona è celebre anche per un pilastro della tradizione italiana e regionale: la cucina tipica. In questo articolo ti racconto la mia esperienza sia per quanto riguarda l’intero soggiorno, sia relativamente all’aspetto culinario.
Naturalmente, la prima cosa che ci si aspetta di vedere quando si pianifica una vacanza in Salento è il mare limpido e cristallino che, unito alle distese sabbiose finissime e bianche, rendono l’area una delle perle paesaggistiche che la penisola italiana offre.
Personalmente ho trascorso una fantastica settimana a Pescoluse, nelle immediate vicinanze delle celeberrime Maldive del Salento. Qui il magnifico panorama di cui parlavo è impreziosito da dune e da una rigogliosa vegetazione spontanea, che rendono il paesaggio molto simile a quello delle Maldive.
Per il mio alloggio ho optato per un’alternativa al classico hotel o villaggio all inclusive: ero in compagnia di un gruppo di amiche e volevamo una vacanza libera da orari e restrizioni, per cui ci siamo messe subito alla ricerca di qualche soluzione per l’affitto di appartamenti a Pescoluse (la scelta non è stata casuale, vista la relativa prossimità a numerosi punti di interesse) che potessero soddisfare le nostre esigenze.
Una volta trovato l’appartamento che faceva al caso nostro, abbiamo avuto modo di trascorrere il soggiorno perfetto. Da Pescoluse ci siamo spostate molte volte per effettuare escursioni e minitour, preferendo le visite culturali senza naturalmente trascurare i ristoranti di cui l’area è piena.
Qui abbiamo potuto gustare alcuni fra i piatti tipici della tradizione locale, di carne e di pesce. La cucina salentina è talmente ricca e varia da integrare perfettamente profumi e sapori del mare con le delizie dell’entroterra. Il piatto che ho davvero amato è la scapece, pesce fritto e lasciato marinare sotto vari strati di pangrattato, aceto, aglio, menta, zafferano. Si tratta di un piatto che normalmente viene servito nelle sagre di paese e viene mangiato per strada, ma può essere benissimo preparato in casa o al ristorante. La scapece presenta un colore giallo grazie alla curiosa presenza dello zafferano che, secondo la tradizione, sembra fosse molto gradito a Federico II di Svevia.
Per quanto riguarda i piatti di carne, invece, ho apprezzato il gallo ripieno, farcito con un impasto a base di carne fritta, formaggio, pangrattato e uova. Lo si può solitamente gustare per la grande festa di S. Oronzo a fine agosto, o per S. Oronzo piccino a febbraio. Noi abbiamo avuto modo di provarlo a Melpignano, dove ci eravamo recate per assistere alla celebre Notte della Taranta.
Infine, la cucina salentina è famosa per i numerosi tipi di pane e pizza, per le torte salate (di cui la pitta è senz’altro la capostipite) e per i dolci. Alcuni esempi: la citata pitta, una torta salata a base di patate, arricchita con verdure e formaggi, tonno o prosciutto, che normalmente viene servita a quadretti come antipasto. Per quanto riguarda i dolci, merita una menzione il pasticciotto salentino. Si tratta di un dolce di pasta frolla con ripieno di crema pasticcera, cotto in forno, di cui sono state poi sviluppate alcune varianti. Io ho assaggiato la versione classica e ne sono rimasta affascinata, per cui non posso che consigliarlo.
Concludo con una curiosità: nel Salento la pasta ha unità di misura tutte sue. La pasta, rigorosamente fatta in casa, si misura in minate (nel qual caso ci si riferisce a porzioni sicuramente abbondanti), mentre la dose giusta per persona è data dal puciddhu, ovvero la misura in cui la farina riempie le mani disposte a coppa. Sono misure antiche e non quantificabili in modo scientifico, ma che senza dubbio non lasceranno a bocca asciutta.